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Tavecchio indietro tutta: gli stadi nuovi non servono.

Carlo Tavecchio

Carlo Tavecchio non smette di stupire. Ora afferma che il calcio italiano non ha bisogno di stadi nuovi, ma di ristrutturare quelli esistenti

La Serie A sta ormai perdendo colpi nei confronti dei principali tornei europei, come la Liga, la Premier League o la Bundesliga. Tanti i problemi con cui si trova alle prese il nostro calcio, tra i quali presto potrebbe diventare evidente quello derivante da una dirigenza drammaticamente inadeguata alla sfida che si prospetta per il nostro sport più popolare. Lo si evince soprattutto dalle incredibili esternazioni di un Tavecchio che forse fa meno danni quando evoca il fantasma di Opti Pobà rispetto a quando cerca di parlare di cose che evidentemente non conosce. Come gli stadi italiani, che secondo il numero uno del nostro calcio andrebbero semplicemente ristrutturati. Insomma, ora gli stadi nuovi e di proprietà non sarebbero più una priorità per colmare il gap dalle società più evolute del vecchio continente e provare a riportare sotto controllo i bilanci con entrate sicure.

Una dichiarazione, quella rilasciata da Tavecchio al Messaggero, che sembra assolutamente lunare, soprattutto se messa a confronto con quanto detto dallo stesso Presidente della Federcalcio ad agosto, quando magnificava lo Juventus Stadium come modello da seguire. Juventus Stadium che, appunto, non è uno stadio ristrutturato, bensì un impianto del tutto nuovo e di proprietà della società bianconera. Ora, invece, la priorità sarebbe la ristrutturazione degli stadi esistenti.

Magari Lotito, grande sponsor dell’operazione che ha portato Tavecchio al vertice del calcio nazionale, potrebbe ricordargli che gli stadi attuali non sono di proprietà delle società e che di conseguenza, andare a buttare decine di milioni di euro su un impianto di cui non si ha il possesso è operazione a dir poco antieconomica. Soprattutto in un paese ove il potere politico si fa notare ogni giorno che passa per una voracità insaziabile, che potrebbe prefigurare ulteriori danni ove si impostasse una operazione come quella prefigurata da Tavecchio.

Per capire di cosa si parli, basterebbe pensare all’ultima volta in cui il nostro paese ha portato avanti una azione di ristrutturazione degli stadi esistenti. Era il 1990 e l’Italia organizzava i mondiali poi vinti dalla Germania, una kermesse portata avanti in stadi ristrutturati per l’occasione a prezzi, come poi si sarebbe saputo in seguito, gonfiati ad arte con la scusa delle coperture. Tanto per dirne una, l’Olimpico costò oltre 200 miliardi, a fronte dei 40 pretesi dal povero Costantino Rozzi per consegnare l’impianto chiavi in mano. Di fronte a quanto successo all’epoca, fa letteralmente rabbrividire che qualcuno parli ancora di ristrutturazioni.

 

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